giovedì 31 luglio 2008

Calabria:la giunta nomina Guerzoni dirigente generale dipartimento salute

(ASCA) - Catanzaro, 28 lug - La Giunta regionale della Calabria, riunitasi, a Palazzo Alemanni di Catanzaro, sotto la presidenza di Agazio Loiero, ha nominato, si legge in una nota, Andrea Guerzoni, da circa sette mesi direttore generale dell'Azienda sanitaria provinciale di Crotone, Dirigente generale del Dipartimento Tutela della Salute. Guerzoni sara' sostituito al vertice dell'Asp crotonese da Domenico Scuteri.

''La scelta che ha fatto l'Esecutivo - ha detto l'assessore alla Sanita' Vincenzo Spaziante - e' stata indirizzata verso una persona che, quando fu nominato dg dell'Asp di Crotone, vantava un ottimo profilo professionale.

Il tempo che ha passato al vertice dell'azienda ci ha consentito di verificare, direttamente sul campo, che la professionalita' gia' nota ha avuto un riscontro operativo positivo''.

''Il dottor Guerzoni - ha aggiunto Spaziante - ha avuto modo di dimostrare, concretamente, sia i suoi meriti professionali, sia una grande capacita' di inserimento in un contesto a lui sconosciuto e sia doti di grande equilibrio, serenita' e indipendenza di giudizio. Quella che ha appena fatta la Giunta, quindi, e' una scelta attentamente meditata e costruita su una comprovata capacita' operativa. La sua nomina costituisce conferma della validita' della scelta fatta sette mesi fa e siamo sicuri che le qualita' gia' dimostrate saranno di grande utilita' nell'assolvimento di un impegno di ancora piu' elevata responsabilita'''.

E' stata proprio la qualita' del lavoro svolto a Crotone dal dottor Guerzoni ad indurre la Giunta regionale a non sguarnire la direzione dell'Asp, dove ha voluto mantenere una continuita' ed un elevato livello di professionalita'. A tale scopo la scelta e' caduta sul dottor Domenico Scuteri del quale sono state sperimentate, nei tre mesi in cui ha diretto il settore amministrativo dell'assessorato regionale, l'effettiva esperienza e la concreta validita' a saper gestire ruoli di enorme delicatezza. ''Anche in questo caso - ha sostenuto l'assessore Spaziante - si e' trattato di una decisione preceduta da un periodo di produttiva sperimentazione. Proprio al fine di mantenere la necessaria continuita', il nuovo dirigente generale Scuteri potra' utilmente avvalersi della collaborazione del direttore amministrativo e del direttore sanitario che lavoravano con Guerzoni a Crotone e che con lui hanno realizzato un ottimo lavoro di squadra''.

''Mi sembra che le scelte fatte dalla Giunta - ha concluso Spaziante - rispondano a un metodo proficuo che premia capacita' sperimentate e quel gioco di squadra che costituisce condizione indispensabile per una ripartenza efficace nell'organizzazione e nella gestione del nostro sistema sanitario regionale che si fonda sulla qualita' delle persone e sulla loro capacita' di lavoro, lasciando fuori della porta ogni motivazione di natura diversa''.

mercoledì 23 luglio 2008

Avvocati in corsia

Anche gli avvocati arrivano in corsia. A Torino, proprio come accade negli Stati Uniti gli avvocati entrano in ospedale per offrire la propria assistenza o per promettere risarcimenti. E' quanto riferisce "La Stampa" raccontando quanto "succede alle Molinette, terzo ospedale d'Italia, dove e' comparsa per la prima volta (e a tappeto) la pubblicita' di uno studio legale". Il noto quotidiano torinese spiega nel suo servizio che "Giorni fa su diverse bacheche all'ingresso principale e lungo i corridoi sono state affisse le re'clame di uno studio associato: il Negozio giuridico, via San Secondo 5/G". "Nel nostro negozio giuridico -si legge sulla pubblicita'- troverete avvocati esperti in separazioni, divorzi, sinistri...". Anche se non si fa riferimento a questioni di malasanità, il luogo non sembra sia stato scelto a caso. "Da novembre ad oggi -spiegano le due titolari - abbiamo gia' seguito una decina di cause di presunta malasanita'. Il cittadino che pensa di aver subi'to un danno dalla Sanita' si trova spesso abbandonato a se stesso". L'iniziativa non è piaciuta ai medici dell'ospedale torinese che l'hanno tolta da tutte le bacheche. La re'clame però è rispuntata lungo il corridoio dell'ingresso principale.

mercoledì 16 luglio 2008

Sprechi e scandali in corsia:una torta da 100 miliardi

Appalti, tangenti e lottizzazioni:
oltre tremila amministratori
accusati di corruzione
PAOLO BARONI
ROMA
Più denaro gira, più potere c’è da spartire e più il crimine impazza. Corruzione, tangenti, scandali politici, infiltrazioni mafiose e camorristiche nella sanità sono all’ordine del giorno. E di pari passo crescono l’inefficienza e gli sprechi, le assunzioni clientelari sono la prassi, i diritti diventano favori mentre tra organizzazioni criminali e mondo politico nascono (o si consolidano) nuovi legami. I magistrati, in più occasioni, questo rapporto di scambio lo chiamano «coabitazione».

Una torta da 100 miliardi
Tra ospedali, esami, cure e terapie varie, il business oggi vale 100 miliardi di euro, quasi il 7% della ricchezza del Paese, in media il 53% della spesa delle regioni con punte del 70-80%. Insomma è il naturale terreno di coltura della corruzione. «Appalti e convenzioni - denuncia Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanza Attiva - scatenano appetiti incredibili». Sarà un caso ma la fotografia delle regioni dove i conti della sanità sono in rosso, con poche eccezioni, è praticamente identica a quella dove si sono registrati gli scandali più vergognosi. Tangenti e sprechi, sprechi e tangenti vanno quasi di pari passo. Il pizzo si sposa alla raccomandazione, e fa un tutt’uno con l’eccesso di posti-letto e gli abusi sulle degenze. La Sicilia di Totò Cuffaro, che ancora l’anno passato perdeva mezzo miliardo di euro, la Campania degli ospedali controllati dalla camorra (-697 milioni), il Lazio di «Lady Asl» (-1,4 miliardi, su un bilancio di 9,3), ovviamente l’Abruzzo dove è appena scoppiato il caso Del Turco (-117 milioni), in prima fila.

Il regno della corruzione
Secondo la relazione presentata a fine 2007 dal Commissario anticorruzione tra il 2006 ed il 2007 su 6.752 persone denunciate per corruzione nella pubblica amministrazione ben 3.219 operavano nel campo della sanità. Il record spetta alla Calabria con 1.491 denunce su 1.759, ed una quota del 22% sul totale delle segnalazioni raccolte dalla guardia di Finanza. La Regione dove ancora si ricorda l’omicidio Francesco Fortugno, che le indagini legano agli interessi della criminalità locale al business sanitario, spende ogni anno circa 3,1 miliardi di euro con un disavanzo di 24 milioni.

Tutt’altra situazione in Lombardia, dove il bilancio della sanità supera quota 16,1 miliardi di euro su un totale di 40 ed i conti sono in attivo (+9 milioni): nonostante questo, però, ben l’83% dei denunciati (622 persone su 745) ha commesso reati in campo sanitario. E anche qui gli scandali continuano a susseguirsi: da quello storico di Poggi Longostrevi, l’ex «re Mida» delle cliniche milanesi, che nel ‘97 coinvolse 300 persone, a quello di poche settimane fa che ha visto protagonista la clinica Santa Rita (14 arresti per 90 operazioni sospette e 5 pazienti morti).

Negli ultimi sei anni i bilanci regionali hanno prodotto almeno 30 miliardi di deficit solamente a causa degli sprechi prodotti negli ospedali e nelle cliniche, in pratica il valore di un’intera finanziaria. L’anno scorso solo otto regioni sono riuscite a chiudere con i conti in attivo: le più virtuose sono state Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana. Tutte le altre sono finite in rosso. Tra il 2004 ed il 2007 il Lazio ha accumulato 7,5 miliardi di debito, 4,5 la Campania di Bassolino, 3 la Sicilia di Cuffaro ed oggi di Lombardo. Che non a caso come assessore alla Sanità nelle passate settimane si è scelto un magistrato, l’ex pm Massimo Russo.

Nel 2007 la Regione Sicilia ha speso la bellezza di 8,5 miliardi di euro per la sanità (su un totale di 14,6), un miliardo in più dell’anno prima. In pratica 1.711 euro per ogni abitante, 6.850 euro a famiglia. «E’ imbarazzante osservare che si tratta del 30% in più di quanto spende la Finlandia, uno Stato più grande dell'Italia e con un sistema sanitario pubblico tra i più efficienti al mondo» ha denunciato giorni fa il procuratore generale della Corte dei Conti, Giovanni Coppola. Un bilancio che dovrebbe assicurare un servizio di qualità svizzera, mentre invece i soldi vengono dispersi in mille rivoli: mantengono un esercito di dipendenti (47.970, di cui ben 12.800 dirigenti, e 11 addetti per ognuna delle 269 ambulanze in servizio) e soprattutto alimentano una marea di convenzioni esterne: 1.844, con un costo per le casse pubbliche di 1 miliardo e 100 milioni di euro.

La Mafia e le cliniche
Nell’isola risale ormai agli Anni Ottanta la «decisione strategica» di Cosa Nostra di indirizzare sempre di più le proprie attenzioni al comparto della sanità. Un’infinità di medici sono coinvolti in inchieste di ogni tipo sino ad arrivare al caso limite, quello dell’ex presidente della Giunta Totò Cuffaro condannato a 5 anni per favoreggiamento aggravato nell’inchiesta che ha visto come protagonista Michelangelo Aiello, imprenditore del ramo costruzioni sospettato di essere il prestanome del boss Provenzano, e titolare della clinica Santa Teresa. Il processo contro «le talpe» ha rivelato che Aiello e Cuffaro si incontrarono in un retrobottega di Bagheria per concordare assieme le tabelle dei rimborsi per i diversi tipi di prestazione.

Tra il 2003 ed il 2006 sono stati 15 i consigli comunali e le Asl sciolte in Sicilia per infiltrazione mafiosa, 12 in Calabria e 14 in Campania. Regione che vanta il primato assoluto: visto che è stata la Asl4 di Pomigliano ad essere decapitata per prima a fine 2005. Stessa sorte è toccata alla Asl9 di Locri, in Calabria. Di scandalo in scandalo si arriva alla Puglia, dove l’ex presidente Raffaele Fitto è indagato assieme all’editore di «Libero» e del «Riformista» Gianpaolo Angelucci per una presunta tangente da 500 mila euro versata dal gruppo Tosinvest in cambio di un appalto da 55 milioni di euro e dove un direttore generale dell’Asl, quello di Taranto, è stato da poco condannato in primo grado per uno scandalo legato agli appalti.

La questione ambientale
«E’ una questione di ambiente: il pubblico diventa ad uso dei privati - spiega Petrangolini -. Spesso si dice che lo sforzo più grande un funzionario lo fa per ottenere l’assunzione, dal quel momento in poi non lavora più, si dedica solo a riempirsi le tasche. Il caso di Lady Asl è significativo: con le tangenti si arricchiva il singolo funzionario e poi veniva finanziato un intero sistema di potere». Passano gli anni, cambiano le giunte, ma il malaffare continua: nelle stesse ore in cui in Abruzzo arrestavano Del Turco nella capitale lunedì finivano in manette 5 tra imprenditori e funzionari dalla AslRmC, quella dove nel 2006 aveva colpito proprio Anna Giuseppina Iannuzzi. Allora si trattava di false prestazioni, oggi l’inchiesta riguarda un appalto da 21 milioni per il servizio informatico.

(Ha collaborato Giulia Palmieri)

martedì 15 luglio 2008

Sistema malato di clientelismo e sprechi diffusi

Appena un mese fa la "clinica degli orrori" di Milano. Ieri la notizia della giunta abruzzese decapitata dalla Procura per presunte tangenti sanitarie. Ma anche, in strettissima coincidenza di tempi, quella di una gara d'appalto a Roma con affari d'oro per manager, funzionari e imprenditori. Nel bel mezzo, una Regione (il Lazio) commissariata anche se "solo" per mano del suo stesso governatore. E ancora Campania, Sicilia e Calabria che tra conti in rosso di Asl e ospedali e connessioni malavitose, sono seriamente candidate a un default annunciato.

Sembrano sempre più un bollettino di guerra i resoconti del Servizio sanitario nazionale. Naturalmente non dappertutto e non sempre con la stessa gravità e intensità. Ma le cronache restano quelle: bilanci che (non dappertutto) sprofondano o rischiano di precipitare in tempi rapidi, malaffare e corruzione diffuse, disfunzioni di governance, un sistema di potere che non vuol saperne di staccare la spina da quel formidabile generatore di affari e di potenziale clientelismo rappresentato da 100 miliardi di spesa pubblica per la salute e da almeno altri 30 miliardi che escono direttamente dalle tasche dei cittadini.

Che quanto sta accadendo sotto il cielo del Ssn sia una «nuova tangentopoli» (Di Pietro) o un nuovo «teorema» della magistratura (Berlusconi), lo sapremo quando la giustizia (auspicabilmente presto) farà definitivamente il suo corso. Ma non è (solo) questione di garantismo o meno. Quando i sintomi si ripetono e si diffondono, un buon medico non può chiudere gli occhi: servono una diagnosi e una terapia. E per quel paziente ormai patologico che rischia di diventare il nostro Ssn, diagnosi e relativa terapia hanno ormai carattere d'urgenza. Nella consapevolezza che quel bene prezioso che va sotto il nome non sempre meritato di «universalismo sanitario», figlio di un welfare d'altri tempi, va difeso con le unghie e con i denti dai soprusi e aggiustato per quel che serve. Altrimenti non ci resterà che la "non assistenza sanitaria" modello Usa.
La sensazione è invece che in Italia le soluzioni vengono prese tardivamente. E che nel difendere l'«universalità» del Ssn, troppe volte si finisce per rilasciare il salvacondotto a tutto e a tutti. Cambiare per non cambiare, i gattopardi che non muoiono mai.

Si prendano gli esenti dai ticket: veri e propri evasori, mascherati dietro false autocertificazioni. Tanto, chi non paga le tasse, non paga tutto il resto alla solidarietà pubblica. Ebbene, si racconta che il 50-60% degli italiani siano in qualche modo ticket-esenti, eppure assai poco finora è stato fatto per contrastare i soliti furbetti della no-tax area. Un emendamento del Governo ora cerca di stringere il cerchio, grazie alla tessera sanitaria e alle maggiori informazioni di cui si dispone: ma ci voleva davvero tanto per arrivare a questa soluzione? E ancora: mentre si scoprivano gli allegri rimborsi alle cliniche private per prestazioni fantasma, nessuno s'era posto il problema dei mancati controlli nella catena di comando complessiva della gestione del Ssn. Adesso (ben venga) si è scoperto che i controlli erano per legge praticamente nulli e si vuole portarli almeno al 10 per cento.

Ora, è chiaro che i ticket non piacciono a nessuno: al cittadino che li paga e all'amministratore che teme di pagarne un prezzo politico. Ma per evitarli, i ticket, serve in ogni caso una gestione sopra ogni sospetto. Solo così si potrà salvare il salvabile dell'«universalità» della nostra sanità pubblica. Perché poi cominciano le danze del federalismo fiscale e allora sì che la sfida dell'«universalismo» rischia di essere persa. Definitivamente.

Fonte:il sole24ore.it