mercoledì 2 aprile 2008

Sicurezza sulle strade:l'Italia al penultimo posto in Europa

Gli italiani al volante sono nuovamente indisciplinati. A cinque anni dall’introduzione della patente a punti, infatti, cala il numero degli automobilisti che usano le cinture: la media nazionale è passata dall’83,5 per cento di metà 2003 al 64,6 per cento del 2007, con una perdita di 7 punti percentuali rispetto al 2006. E questo è solo uno dei dati più eclatanti contenuti nell’edizione 2007 del progetto Ulisse, promosso dal Ministero dei Trasporti e coordinato dall’Istituto superiore di Sanità, che dal 2000 si occupa di rilevare quanto i guidatori italiani di mezzi a quattro e a due ruote usino i dispositivi di sicurezza passiva, come casco e cinture di sicurezza. Introdotto in seguito alla raccomandazione della Commissione europea 2004/345/CE del 6 aprile 2004 relativa all’applicazione della normativa in materia di sicurezza stradale, il sistema Ulisse rileva anche l’utilizzo del telefono cellulare durante la guida, le modalità di trasporto dei bambini o l’obbligo di accendere i fari di giorno sulle strade extraurbane. A svolgere il lavoro sul campo centinaia di persone che si prestano su base volontaria e gratuita, reclutate fra il personale di Asl, Istituto superiore di Sanità e uffici territoriali della Motorizzazione, coadiuvate da associazioni di volontariato. Che hanno fotografato la realtà di un Paese disposto ad acquisire comportamenti virtuosi, ma pronto a perdere in fretta la buone abitudini. Come nell’utilizzo della cintura di sicurezza, il cui picco è stato proprio nel 2003, al momento dell’introduzione della nuova normativa sulla patente. Mentre dall’anno scorso l’Italia si trova al penultimo posto in Europa nella classifica continentale dei guidatori con la cintura regolarmente allacciata. Non solo. Consultando i valori per di guidatori con cinture allacciate per singola regione, si nota come a Liguria e Veneto, in testa con una percentuale di utilizzo rispettivamente del 91,3 per cento e 89,1 per cento, si affiancano regioni decisamente indisciplinate, in particolare Molise, maglia nera con il 35,8%, seguito dalla Sicilia col 37,4 per cento e dalla Calabria col 39. Questione meridionale che si ripropone anche nell’uso del casco, con differenze ancora più marcate: valori compresi fra il 97 e il 100 per cento, a fronte di alcune province del Sud dove la percentuale dei motociclisti che lo indossano scende notevolmente – nonostante le virtuose eccezioni di Matera col 97,3 per cento e di Cagliari col 95,0 per cento – per arrivare a valori prossimi allo 0 per cento, soprattutto in città di piccole dimensioni. Sulla percezione del rischio, se alcuni non indossano la cintura per timore di rimanere intrappolati nella vettura in caso di incidente, il rischio emergente più grave e meno percepito dagli italiani riguarda l’uso del cellulare. Secondo i risultati – ancora in fase sperimentale – delle rilevazioni svolte nel 2007 a Milano, Norcia, Gubbio, Cagliari, Roma e Bologna, dai due ai quattro italiani su 100 guidano conversando al cellulare, senza vivavoce ne auricolare.
Antonio Vanuzzo

1 commento:

Anonimo ha detto...

Giallo del rene, medico intercettato : Non lo potranno mai dimostrare

(secondo voi che premio dobbiamo dare a questo zelante dottore ? magari un bel viaggio premio "biglietto solo andata Isola Porto Azzurro" che dite)

PESCARA - "Non c’è da agitarsi più di tanto perchè non lo potranno mai dimostrare". Non sapeva di essere intercettato Marco Basile, il medico arrestato a Pescara perchè sospettato di aver asportato un rene ad un’anziana paziente poi morta. E’ accusato di omicidio colposo , soppressione e falso in atto pubblico perchè avrebbe pure contraffatto le cartelle cliniche per nascondere le prove del suo presunto errore professionale.
Dell’asportazione del rene sinistro a Costanza Vieste, 74 anni, morta a gennaio 2007 dopo tre interventi al reparto di Chirurgia 1 dell’ospedale di Pescara, se n’è accorto il medico legale durante l’autopsia: neppure i famigliari sapevano di quell’amputazione. Un rene è stato trovato nella sala autoptica e sequestrato dalla Procura. Era conservato in formalina: forse è proprio quello asportato alla donna. Per averne la certezza sarà necessario l’esame del Dna. Domani inizieranno gli interrogatori: per primo sarà ascoltato il medico. Cinquant’anni, nato a Roma ma residente a Pescara in zona San Silvestro, Marco Basile è agli arresti domiciliari. Ha lavorato in sala operatoria fino a venerdì mattina. Qualche ora più tardi, i poliziotti della Mobile gli hanno notificato a casa l’ordinanza firmata dal gip Luca De Ninis su richiesta del pm Gennaro Varone, per il quale "ricorre un gravissimo quadro di negligenza professionale e di dolosa alterazione di documenti pubblici". Anche il ministero della Salute ha avviato un’inchiesta sul caso del rene scomparso. "D’intesa con la Regione Abruzzo - ha detto il ministro Livia Turco - ho provveduto ad istruire un’ispezione nell’ospedale di Pescara per acquisire tutti gli elementi utili a verificare la dinamica dei fatti e coadiuvare l’operato degli inquirenti". L’agonia per Costanza Vieste, ricoverata per un tumore all’intestino, è stata lunga: tre interventi chirurgici tutti sbagliati secondo l’inchiesta. Il primo, risale ad ottobre del 2006, proprio per asportare il cancro. Poche settimane dopo, per colpa di una violenta infezione viene disposta una seconda operazione ma, durante la degenza insorge un nuovo problema: un "grumo di sangue", un’emorragia che potrebbe compromettere organi vitali. Scatta d’urgenza un nuovo intervento, il terzo in tre mesi. Il grumo di sangue viene asportato, ma due mesi dopo la donna muore per insufficienza renale. I parenti sconcertati protestano e presentano una denuncia al giudice: "Come è possibile che soffrisse di reni? In passato non aveva mai avuto il minimo sintomo", dicono. Scattano le indagini. E la svolta dell’inchiesta arriva con l’autopsia e con la conseguente scoperta: alla vittima manca un rene. Lo stesso che, invece, risulta da una lastra fatta due giorni prima del terzo, e forse fatale, intervento. Ma il rene asportato, nei documenti ufficiali, non risulta. L’indagine prosegue e saltano fuori documenti e verbali contraffatti per sviare l’inchiesta. Ieri, il gip ha ordinato gli arresti domiciliari per il pericolo fondato di inquinamento delle prove.
(la repubblica)